Confini da Gauguin a Hopper

Canto con variazioni

Passariano di Codroipo (UD), Villa Manin, Esedra di Levante
11 Ottobre 2025 - 12 Aprile 2026

mostra a cura di
Marco Goldin

Passariano di Codroipo (UD), Villa Manin, Esedra di Levante

11 ottobre 2025 - 12 aprile 2026

Il confine come altrove

La quarta area della mostra, colma di quadri famosissimi, sposta il confine della pittura più lontano, nella costante ricerca che gli artisti hanno fatto di un altrove, di un confine che sia anche il sogno di ritrovare un paradiso perduto. O almeno terre, e coste e mari e foreste, lontani dai traffici delle città. In questo senso, perfino inutile ricordarlo, la figura di Paul Gauguin è quella che ancora oggi incarna alla perfezione l’ansia di un altrove di vita e colore.

Paul Gauguin, Paesaggio bretone, 1889
Stoccolma, Nationalmuseum, donato nel 1919 dal Direttore Hjalmar Granhult

Per questo motivo la mostra ne segue il cammino fin dal momento in cui, nel 1887, con l’amico pittore Charles Laval, fugge per alcuni mesi prima a Panama, dove fa lo sterratore per il canale che si veniva costruendo, e poi soprattutto in Martinica. Uno splendido paesaggio proprio della Martinica, dà senso compiuto a questa prima sua sosta dentro la purezza del colore. Ma poi la ricerca dell’Eden lo porterà a intermittenza in Bretagna, dove realizzerà alcune tra le sue opere più belle tra il 1889 e il 1890, come quella in mostra.

Paul Gauguin, Parau Api (Ci sono novità?), 1892
Dresda, Albertinum, Staatliche Kunstsammlungen
© Albertinum | GNM, Staatliche Kunstsammlungen Dresden, Foto: Elke Estel/Hans-Peter Klut

Ma è chiaro come sia Tahiti il punto di approdo per Gauguin, quello universalmente noto, con i lunghi soggiorni lì, il primo dal 1891 al 1893 e il secondo dal 1895, dopo il ritorno dalla Francia, fino al 1901. La mostra propone uno dei capolavori assoluti dell’intera parabola artistica del pittore francese, come Parau Api del 1891 che eccezionalmente giunge. A doppiare nella sala questo straordinario dipinto è la Donna tahitiana del 1897, che rappresenta il secondo, più duro tempo di Gauguin a Tahiti, lui alla faticosa ricerca del confine definitivo.

Claude Monet, Antibes vista da La Salis, 1888
Toledo Museum of Art, acquistato con fondi del Libbey Endowment, dono di Edward Drummond Libbey, 1929.51

La Provenza, e il Mediterraneo attorno ad Antibes, dunque il sud della Francia, sono nella mostra altri luoghi d’elezione. Non serviva quindi percorrere migliaia di miglia sopra gli oceani per cercare il proprio confine, che si poteva trovare anche in una dimensione più domestica, però sempre lontana dalle città formicolanti.

Pierre Bonnard, Le Cannet, 1939 circa
Winterthur, Kunst Museum, dono del dott. Herbert e Charlotte Wolfer-de Armas, 1973
© SIK-ISEA, Zürich, Lutz Hartmann

Claude Monet, che ha fatto degli spostamenti nei luoghi della pittura un suo canone, scende prima in Liguria a Bordighera nel 1884 e poi torna a sud nel 1888, quando farà base ad Antibes. Un quadro meraviglioso ce lo ricorda. Sarà Pierre Bonnard, sublime artista novecentesco, a portare a compimento in Provenza la lezione proprio di Monet, come la mostra ancora una volta ci ricorda con alcuni suoi quadri.

Vincent van Gogh, Ulivi, 1889
Edimburgo, National Galleries of Scotland
© National Galleries of Scotland

Infine, la Provenza è chiaramente il punto di svolta per Vincent van Gogh, perché nei due anni che trascorre tra Arles e Saint-Rémy egli trova la sublimazione dentro quel colore nuovo che per lui è confine continuamente ripetuto e irredimibile. Una versione sontuosa di Ulivi lo dice con chiarezza e fascino di mistero. Così come accade per il suo confine definitivo, il villaggio di Auvers-sur-Oise, a nord di Parigi, dove morirà alla fine di luglio del 1890.

Paul Cezanne, I grandi alberi, 1902-1904 circa
Edimburgo, National Galleries of Scotland, donato dalla signora Anne F. Kessler nel 1958; ricevuto dopo la sua morte nel 1983 © Antonia Reeve

Paul Cezanne in Provenza torna a casa e vi dipinge tanti capolavori, come alcuni tra quelli che sono presenti nell’esposizione di Villa Manin. Sono quadri nuovi, nuovissimi per la storia dell’arte. Qualcosa di mai visto prima e che apre ai confini del XX secolo.