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27 giugno 2018

Diario di Bretagna di Marco Goldin / 3

Provo a mettere parole. Provo a dare senso a una frase. Un rigo, un rigo appena, per cominciare. Non è facile, mentre scrivo adesso con l'iPad poggiato sulle ginocchia alla fine di questa nuova giornata in Bretagna, sulle tracce di Gauguin. Scrivo guardando l'acqua che diventa di un azzurro più scuro, alla fine della lingua di terra di Quiberon, davanti a Belle-Île, dove Monet venne nell'autunno del 1886 per dipingere le grandi mareggiate che l'oceano spingeva sulle rocce aguzze. Venne dandosi il cambio con Gauguin, che era appena partito da Pont-Aven per tornare a Parigi. E Monet arrivava invece da Giverny e aveva appena dipinto le ondulazioni di colline piene di papaveri e piene di vento. Ma qui guardò, come mai prima  e come mai dopo, alla potenza assoluta del mare, al suo turbine tempestoso, allo spumeggiare di onde bianchissime che si frangevano sull'antichità immutabile delle rocce. Venne e realizzò una manciata di quadri bellissimi, sospesi nel tempo della memoria fonda.
Ho avuto questo pensiero, adesso, quasi sera, il sole che ancora non tramonta, mentre scrivo queste note al porto di Quiberon, arrivato dalla incantata Costa selvaggia. Prendetela, se vi capiterà di giungere qui, lasciando solo negli ultimi chilometri la strada principale, con una deviazione verso destra. Una lingua di terra in mezzo al mare, spiagge di sabbia a sinistra e rocce sul mare a destra. Ho avuto questo pensiero, che attraverso le mie parole Paul Gauguin e Claude Monet potessero incontrarsi per una volta almeno qui in Bretagna, dove non si sono incontrati mai. E con questo pensiero ho iniziato a scrivere, dopo una giornata passata a camminare tra falesie d'erba a picco sull'acqua del mare e spiagge di sabbia bianchissima. E poi sentieri meravigliosi, come quello che corre lungo tutta la costa della Bretagna, per centinaia e centinaia di chilometri. Dove puoi incontrare tutto quello che pensi possa essere la bellezza della vita e del tempo, dai prati di erba tagliata e profumata di camomilla a immensi campi di piselli a picco sul mare. Non si potrebbe e non si vorrebbe andare oltre. 
Gauguin torna per la seconda volta in Bretagna, sempre a Pont-Aven, sempre alla Pensione Gloanec, il 26 gennaio 1888 e si ferma fino alla conclusione dell'estate. Ci arriva dopo i mesi, importanti e difficili, trascorsi con l'amico pittore Charles Laval in Martinica. Ci arriva dopo avere conosciuto da poco Vincent van Gogh a Parigi, prima della partenza di quest'ultimo per Arles. Ci arriva con il desiderio di entrare ancor di più nel carattere della gente di qui, dopo la prima esperienza vissuta due anni prima. E per dare senso se possibile maggiore al suo dialogo con il paesaggio bretone. Ed è quello che avverrà, sia nel 1888 sia nel lungo soggiorno, il terzo, che inizierà al principio di ottobre del 1889 e si protrarrà per un intero anno. Soggiorno fondamentale e che darà i quadri più belli tra i suoi in Bretagna, con la base diventata mitica della Buvette de la Plage a Le-Pouldu, appena sopra la spiaggia delle Grands Sables.
Così oggi, lasciata Pont-Aven, ho percorso la costa, nella stessa direzione che Gauguin percorreva in quel suo tempo magico, che gareggia in ogni modo, e con ogni fibra di colore, con gli anni di Tahiti. E si arriva al tratto di costa di Porsac'h, nella luce e nel sole abbagliante già al mattino. Sono scogliere fatte di capelli d'erba a pettinarle tutte, colte dal vento, preda delle maree. Scogliere dove il verde si unisce all'azzurro senza alcuna frattura, ma nell'armonia del mondo. Gauguin le ha dipinte, è quasi sacro camminarci adesso sopra, in bilico su un sentiero tra il cielo e il mare. Non c'è quasi nessuno e ci si può sedere a guardare i colori e il tempo.
Poi si fanno un paio di chilometri verso sud, in direzione di Le-Pouldu, e si arriva a una bellissima spiaggia di sabbia bianca, una grande ansa del mare, una sacca della memoria. Gauguin vi ambientò alcune scene di bagnanti, nel momento in cui stava uscendo, ultima partecipazione alle mostre impressioniste, da quella pittura frammentata nel tocco che indicava la persistenza di un gusto che sentiva già sorpassato. È la spiaggia di Bellangenet, che oggi era un dorato tatuaggio nell'aria, mentre ci si cammina sopra e s'immagina, si ricorda. Mentre si cammina nel mare e il mare è tutto il mondo, il mare è tutto il tempo.
Perché poi si sale verso il paese di Le-Pouldu, caldo, caldissimo e le strade quasi deserte, mentre da un bar esce il ronzio di una partita della Coppa del mondo di calcio. Tutto sempre s'incrocia, il gioco e il colore della pittura, il color della vita. Ecco qui accanto la Buvette de la Plage, ricostruita com'era allora, com'era al tempo in cui, pochi mesi dopo la sua apertura nel 1889, ci venne a vivere Gauguin, ospite di Marie Henry assieme agli amici pittori Paul Serusier e Meyer de Haan. Gauguin nella sua camera che guardava il giardino interno, De Haan in quella più grande accanto e Serusier in quella che guardava la strada. Uscivano a dipingere e poche centinaia di metri più sotto c'era la spiaggia delle Grands Sables. E poi il mare. Quel mare che Gauguin ha dipinto non spessissimo ma che in lui è sempre stato una presenza, è sempre stato il mistero dell'universo. Guizzare dei pesci come lo scintillio delle stelle. Sapete quando la superficie del mare luccica in piccole correnti e i pesci disegnano figure? Ecco, così. Ecco, così sono le stelle in Bretagna. Le stelle di Gauguin.
Poi viene il tempo di sentirlo ancora più vicino, questo pittore. E allora si prende il sentiero che lui stesso prendeva, camminando lungo la costa un poco verso sud. Si passa il piccolo porto e ci s'inoltra, dopo avere lasciato il mare, lungo un piccolo fiordo verde e fiorito che penetra la terra e la campagna. Ma prima, oh sì prima, ci si ferma dopo il campo di piselli. Si può pensare a Goethe, si può pensare al giovane Werther e ai piselli che coltivava nel suo orto. Si può pensare a questo essere nel tempo come una freccia conficcata nel cielo e nel mare. Tu giri le spalle al mare e sulla collina che improvvisamente sale, vedi il fieno raccolto. Vedi il verde e il giallo, vedi l'azzurro. Vedi i suoi quadri. Eccoli qui, li vedi, ci sono, non sono mai andati via. Vedi Paul Gauguin che cammina da solo su questo sentiero. Lo vedi che si ferma, disegna, usa qualche raro colore. Lo vedi che torna a sera alla Buvette de la Plage. Un piatto di minestra, la zuppiera al centro del tavolo.  Lo vedi che la mattina dopo prende la sua tela e comincia a dipingere. È un campo che sale dal mare, è il verde dell'erba, sono puntini come stelle. È un quadro che non puoi dimenticare, chiunque tu sia. Dovunque tu sia in questo momento nel mondo e nel tempo. È un quadro fatto d'anima. A domani.