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25 giugno 2018

Diario di Bretagna di Marco Goldin / 1

Sta finendo il pomeriggio, il sole è ancora altissimo, sono quasi trenta gradi di luce e d'azzurro, e scrivo seduto davanti al porto di Concarneau. Gauguin un giorno è passato anche da qui, arrivando da Pont-Aven dove alloggiava alla Pensione Gloanec, al centro del villaggio, proprio sul ponte che da un lato conduce, con la sua acqua preda delle maree, verso l'oceano. Fatti solo oggi quindici chilometri a piedi, perché per entrare nello spirito dei luoghi e del tempo è meglio lasciare l'automobile, quando non si devono fare i lunghi trasferimenti. Camminare lungo il fiume Aven, sotto il folto del bosco, nel pieno sole incontro alle antiche vestigia bretoni. Il granito, i tigli, le querce, i campi di grano. Il giallo del grano e il celeste schioccante del cielo, le ortensie dovunque, soprattutto dell'indaco della sera che prima o poi verrà anche qui, terminata la luce che sembra non morire mai. E l'acqua chiara dell'oceano, il vento e le alghe, come nei suoi quadri.
Arrivi qui e capisci subito perché sei partito, perché non potevi fare diversamente. Perché per cercare Gauguin, e trovarlo, non potevi venire che in Bretagna. La terra dove ha camminato, dove ha sognato, dove si è addormentato sotto la luna guardando le stelle del firmamento. La terra dove si è seduto alto sopra le scogliere erbose di Le-Pouldu, dove ha guardato le lavandaie intente sotto la ruota del mulino, dove si è mosso tra danzanti ondulazioni di colline, come un respiro, mentre i contadini tagliavano il grano maturo. Arrivi qui e tutto torna dal quel tempo fondo, e cerchi quello spirito. E lo trovi. Sì, lo trovi, perché la memoria si mescola ai temporali e al mare. Si mescola al destino.
Paul Gauguin arriva per la prima volta in Bretagna, sistemandosi nel villaggio di Pont-Aven, nell'estate del 1886. Vi giunge per la suggestione esercitata su di lui da parte di alcuni colleghi pittori. Del resto, Pont-Aven già dagli anni sessanta di quel XIX secolo è una colonia di artisti, francesi e stranieri. Costruita in una valle, con un eccezionale micro clima, ha attorno a sé una straordinaria varietà di paesaggi, tutti raggiungibili a piedi. Gli abitanti e i contadini poi, sono abituati a posare per i pittori per piccole somme di denaro. Quando Gauguin arriva, il gruppo di artisti comprende almeno un centinaio di persone. È una Bretagna diversa da quella primitiva che egli, nei soggiorni successivi, dimostrerà di amare così intensamente.
Assurge quasi subito al ruolo di leader tra i pittori e inserisce le figure nel paesaggio sulla scia del suo maestro, Camille Pissarro. L'inserimento di queste figure avviene da schizzi realizzati dal vero o da grandi pastelli che nascono dalla posa dei modelli del paese. È un metodo di lavoro che presto diventerà una costante. Sono brevi, vibranti pennellate che segnano la fase neo impressionista di Gauguin, assieme a uno studio della natura, e ancor di più dello spazio, che evoca caratteri quasi tattili e scultorei.
Il suo primo soggiorno si chiude all'inizio dell'autunno di quello stesso 1886 ed è proprio durante quei mesi inaugurali a Pont-Aven che comincia a utilizzare uno splendido atelier detto Manoir du Lezaven, un piccolo maniero in mezzo a un bosco vallonato appena fuori il centro del villaggio. Tra alberi, edera, fiori e grandi rocce di granito, passano quelle settimane mentre lui, affacciato alle grandi finestre del suo studio al primo piano, guarda dall'altra parte della valle dell'Aven e vede la collina di Sainte Marguerite con la piccola cappella di Trémalo, di cui vi parlerò domani. Lezaven venne fatto costruire dai primi artisti americani che giunsero qui a metà degli anni sessanta dell'Ottocento, per accogliere le loro modelle e per lavorare. Gauguin stesso lo utilizzò a più riprese nel 1886 e poi in successivi soggiorni in Bretagna nel 1888, 1889 e nel 1894, nell'intervallo intercorso tra il primo e il secondo, e definitivo, soggiorno a Tahiti.
Sono venuto a Pont-Aven specialmente per vedere Lezaven, di cui avevo trovato alcune foto meravigliose. Ma oggi non si può visitare la proprietà. Delusione. Eppure non me la sentivo di lasciare il paese senza incontrare il luogo che per Gauguin era stato quello che poi sarebbe diventata la Casa Gialla ad Arles, assieme a Van Gogh. Camminando attorno al bosco che dai miei calcoli doveva dare accesso proprio a Lezaven, ho trovato un piccolo sentiero che si inoltrava tra gli alberi. Era sbarrato da uno di quei cancelli di legno che Gauguin ha dipinto più di una volta qui in Bretagna. L'ho scavalcato, sperando che il sentiero al di là mi avrebbe portato nella giusta direzione. Prima la luce che entrava piano, sempre più piano tra i rami, posandosi sulla terra morbida, poi grandi rocce di granito a una svolta del sentiero, infine l'apparizione uscendo dal bosco, sulla cima di una piccola elevazione della strada. Ho trovato Lezaven. E ho sorriso, dentro di me ho sorriso a lungo. Ho riconosciuto lì i paesaggi che tante volte ho visto nei suoi quadri, il campo con i grandi alberi a recintarlo, i muretti di pietra consumati dal tempo. Infine il cancello da cui si vedeva il bellissimo giardino con il pozzo al centro. Però ho continuato a cercare e ho girato tutto attorno alla grande casa. Cercavo la sua vera traccia, il punto inequivocabile del suo passaggio su questa terra. Fino a che la mia ricerca è stata premiata. Sul lato della casa in cui la luce, come desiderano tutti i pittori, non arriva diretta ma si diffonde uniformemente, erano rimaste le sue grandi finestre che portavano quella luce all'interno. Da sotto, da dove io ero, davanti a un bordo spumeggiante come onde di ortensie del color del cielo, ho visto la stanza grandissima dove Paul Gauguin, questo pittore immenso, aveva dipinto nell'estate del 1886. E poi ancora e ancora. E ancora. Ho visto la sua ombra proiettarsi sul muro, al di là di quei vetri e di quelle finestre rimaste uguali dopo quasi un secolo e mezzo. Ho visto, e ho potuto così riprendere la strada del bosco, pensando al tempo che passa e ugualmente ritorna. Pensando ai suoi colori, alle mani che mettevano quei colori nel cielo. Nel suo cielo. A domani.